Abetone: non è solo storia

Abetone

Lo scrivo da anni, ma rischio di passare per matto ogni volta: in Appennino si scia alla grande. A inizio stagione come, sorprendentemente ma non troppo, a primavera, quando c’è sempre un sacco di neve. E anche da un punto di vista meramente paesaggistico, ci sono scorci che sembrano presi pari pari dalle Alpi. Prendiamo l’Abetone. Lo storico valico che si apre a 1388 metri, nel cuore delle ‘piccole-grandi’ montagne dell’Appennino Toscoemiliano, come Cimone, Libro Aperto e Alpe delle Tre Potenze. Se ha ancora un certo nome, pur fra le tante vicissitudini che come altre stazioni appenniniche ha dovuto subire – ristrettezze finanziare, climate change ed evoluzione (diciamo pure invecchiamento) del pubblico di sciatori – un motivo c’è. Immaginate che anziché i faggi spogli a lato ci siano gli abeti, e che all’orizzonte tu veda dei picchi rocciosi, lascia correre gli sci, spingi bene sulle lamine, cerca la centralità e.. beh dai, le piste sono simili a quelle delle Alpi. Quelle storiche dell’Abetone, che esistevano già agli albori dello sci turistico, si affacciano a nord sul massiccio Selletta-Gomito-Pulicchio, mentre nell’adiacente Val di Luce, dall’aspetto veramente alpestre, sul versante che guarda a ovest si aprono i muri più intriganti. Comune dal 1936 (in provincia di Pistoia), 800 abitanti, il paese si allunga con caratteristici alberghi edifici che denotano un passato di traffici e passaggi, lungo la statale n. 12 Abetone-Brennero, una volta arteria fondamentale fra nord e sud d’Europa. Attorno, le distese forestali protette di Campolino (dove cresce spontaneo l’abete rosso), Abetone e Pian degli Ontani.

Una strada che ha fatto la storia – Il Granduca Leopoldo Asburgo-Lorena vi vedeva un collegamento verso l’Alemagna. Francesco III Duca di Modena aveva mire militari. Grazie a loro nacque un’arteria che sarebbe stata per cent’anni sinonimo di traffici e prosperità, più che di vicende belliche. Era il 1781, come ricordano le famose piramidi di pietra, simbolo del passo. Ma la ferrovia Porrettana e l’unificazione d’Italia, che resero obsolete strada e dogane, portarono tempi grami: castagne per sopravvivere e legna divennero le uniche risorse. Fortunatamente, durò poco: a fine ‘800 gli inglesi scoprirono l’Abetone, insieme alla nobiltà romana, toscana e modenese, che vi costruì dimore. Poi, nel 1904 compaiono i primi sci ai piedi di un fiorentino, che li donò all’indigeno Pietro Petrucci. Nel 1921 il primo sci club. E nel 1937 la slittovia (ancora visibile restaurata sulla Selletta), nel 1949 la seggiovia Selletta-Monte Gomito. Il terreno era fertile per l’esplosione dei talenti locali: Celina Seghi, Gino Seghi (tra i primi maestri in Italia), e ovviamente Zeno Colò. Su appuntamento si può provare a visitare la sua casa, che non è ancora adibita ufficialmente a museo (ma di fatto lo è). Per ora è un bed and breakfast (in via del Pescinone 37, tel. 3355911258) gestito da eredi.

Sulle piste di Zeno Oggi i tracciati di Zeno si stendono per una cinquantina di km, su 4 direttrici principali , con quota massima di quasi 1900 metri sul monte Gomito  e dislivello massimo di 670 m (non male vero?). Si scia sempre con una certa reverenza lungo i tracciati da lui disegnati negli anni ’70. Zeno Colò 1, 2 e 3: l’entusiasmante sequenza di piste che scendono dai prati del Monte Gomito per insinuarsi nelle faggete, per 2 km di lunghezza ciascuna. Sono l’asse portante del comprensorio. Dalla cima non è raro scorgere l’arcipelago toscano sul riflesso del Tirreno. Non nevica bene se di Corsica non viene”, dicono gli abetonesi. Il cuore storico delle piste, però, si trova più a destra guardando a valle. Sono la pista Stucchi, poi un po’ tutte quelle del Pulicchio, davvero interessante per contropendenze, cambi e curve, e le piste della Selletta e Chierroni, più facili e un po’ più vintage.

Fantasmi di pietra In val di Luce, accanto agli impianti di ultima generazione, si notano le testimonianze dei progetti un po’ folli (ma non troppo: il Sestriere nasceva in quegli anni…) del Podestà nonché nobile Lapo Farinati degli Uberti: negli anni ’30 si era messo in testa di creare dal nulla una maxistazione ‘ski total’. Con tanto di grand hotel con piscina, tunnel di collegamento per l’Abetone, vari impianti, pista innevata per cavalli, e perfino rifugio in quota con vetrate panoramiche e un faro che doveva vedersi da Pistoia e dal mare! E stava per riuscirci… Poi venne la guerra. Oggi restano i ruderi di una villa; e l’hotel, mai entrato in funzione, campeggia imponente a metà delle piste. Questo edificio in pietra locale rimarrà, probabilmente, una silenziosa reliquia delle origini del turismo sciistico in Italia. Qualsiasi ristrutturazione, si dice, è antieconomica (anche se il piano terra attualmente ospita un bar).

Mangiare

Baita del Pulicchio: sulle piste in quota, scorpacciate di pasta, polenta e carni, con i prodotti del bosco.

Trattoria Da Fagiolino, Cutigliano: bistecca top, ma non solo. Tutto ben eseguito con materie prime locali, nell’affascinante borgo storico, circa 20 minuti a valle dell’Abetone

Dormire

Hotel Abetone Piramidi: atmosfere d’antan

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