Il futuro del turismo invernale sulle Alpi (part I)
Ci sono gli sciatori, ci sono quelli che dello sci non ne vogliono mezza e sono lontani anni luce da questo mondo come potrei esserlo io dalla scherma o dal tiro al piattello, e poi ci sono quelli che hanno ‘sci-acchiato’ in passato. Questi ultimi, per il futuro del turismo invernale, sembrano la categoria più interessante. Chi non è familiare con la montagna e con la neve non lo recuperi più, chi invece la neve l’ha pestata e forse amata, anche qualora la sua esperienza non fosse stata memorabile, potrebbe essere convinto più facilmente…. Chissà. Pensate che in Germania, paese culturalmente vicino alla neve, in cui i praticanti di sport invernali sono metà della popolazione, fra il restante 50% che non ha alcuna esperienza del settore tutti o quasi dichiarano che l’idea di provare a sciare o andare in montagna è probabile più o meno come andare sulla Luna (Fonte: Roth/Krämer/Görtz, 2012). E la cosa preoccupa non poco gli operatori dell’industria sciistica. E’ partendo da queste premesse che è stato realizzato uno studio internazionale molto ampio e articolato, e secondo me denso di significati, dal titolo “The Future of Winter Travelling in the Alps” (a cura di AlpNet e Future Mountains International, comissionato da IMS Südtirol, con un team di ricerca composto dal Prof. Hubert Siller dell’Istituto universitario MCI Innsbruck, dal Prof. Ralf Roth della Deutsche Sporthochschule di Colonia e dal Prof. Harald Pechlaner dell’Eurac Research di Bolzano).
Dopo l’analisi di 290 fonti scritte sul tema e le interviste a 33 esperti internazionali, ne è scaturito uno studio che i responsabili della governance turistica dell’Alto Adige hanno utilizzato per rispondere a una fondamentale domanda: il turismo invernale sulle Alpi sarà concorrenziale a livello internazionale anche in futuro? E come?
Ebbene, ne è emerso che la motivazione principale per i turisti in montagna sarà l’unicità dei luoghi e dell’esperienza. Direi che qui ci siamo, sono prerogative proprie del turismo e della montagna. Segue la qualità dell’infrastruttura. La sicurezza (“Safety & Security issues”) si trova in fondo alla scala: secondo gli esperti, questo tema non ricopre un ruolo così importante (lo è forse più per le autorità, il grande pubblico e i media).
I punti deboli che invece potrebbero scoraggiare nuovi sciatori e soprattutto gli sciatori di ritorno sono la mancanza di innovazione e di iniziativa, la scarsa capacità di coordinamento e armonizzazione dell’ offerta, gli alti costi per le infrastrutture che a loro volta fanno della montagna una destinazione cara, cosa che tende a spaccare i frequentatori della montagna, potenziali o effettivi, in chi può (pochi) e chi non può (molti). In terzo ordine fra i fattori critici vengono l’accessibilità e la mobilità, la questione neve e meteo e solo ultima la sostenibilità. Intanto, sembra che ci siano due velocità: le regioni ricche, come le Dolomiti, l’Engadina (dove si possono permettere certi rifugi come quello della foto), certe zone dell’Austria. E tutte le altre. Con la drammatica situazione di alcune stazioni italiane, non solo appenniniche. Ci torneremo sopra.
(nella foto, architetture contemporanee in Engadina, St. Moritz)