E siamo tutti export manager

Si fa presto a dire che l’export è l’arma vincente delle piccole aziende vitivinicole: anziché le desiderate e-mail con ordini succosi o serie richieste di contatto, arrivano robe che non sai se siano di spam (o perfino ‘scam’, che sono una via di mezzo fra spam e phishing) o di semplici perditempo, mandate per rubare credenziali informatiche o per chi sa quale motivo reale (megalomania? desiderio di arricchirsi facilmente? Boh). Cioè, mi riferisco alle valanghe di proposte di internazionalizzazione e di consulenze all’esportazione che, a dire di questi fenomeni di pseudo export manager, cambieranno il tuo business e la tua vita. Ne arrivano di tutti i colori, da parte di misteriose società o da qualche ‘mister nomestrano’ dai paesi più strampalati, ma spesso e volentieri anche dall’Italia: queste ultime sono quelle che più mi preoccupano, ma anche che mi incuriosiscono. Mi piace in questi casi analizzare le costruzioni linguistiche e la sintassi di queste email e a volte vado più a fondo. All’inizio sembrano verosimili,  poi però l’autore ci ‘gira attorno’ con altre email vaghe e non viene mai al dunque. Stessa cosa, anche peggio, se li chiami al telefono: chiacchiere e chiacchiere su chiacchiere. Aria fritta. Insomma, si paga o no? Me lo puoi vendere all’estero il vino o no? E quanto vuoi di provvigione? Non si capisce… Mai. E tornando alle e-mail, sono testi che impiegano migliaia di parole per dire NULLA, o meglio, dicono tutto e di più, ma alla fine – girala come vuoi – la sola cosa che capisci è che ti spilleranno soldi per attività di marketing ed eventi non meglio identificati (bene che vada: alla peggio ti trufferanno). Ma quanta gente c’è che può perdere tempo con queste improbabili richieste? Ma ci sono o ci fanno? Sono veramente convinti che mandare e-mail a random in ccn agli indirizzi aziendali presi dai cataloghi del Vinitaly (spesso anche con la PEC! Odioso) possa servire a raccattare committenti? Ma qualche produttore ci casca? Non si nega che qualche proposta seria possa arrivare pure arrivare via e-mail. Mai nessuno che ti dica chiaramente: sono l’importatore Pinco Pallino, mi interessano i tuoi vini, verrò a visitarti al Prowein o al Vinitaly oppure in azienda. No… Tutta una solfa….Ma non hanno ancora capito che il produttore di vino vuole solo capire 3-4 cose essenziali dette in 3 righe? E cioè:

-Ti interessa il mio vino: bene, chiedimi notizie in più ed eventualmente campioni (questo molto rischioso: io non lo farei) e listino.

-Potresti riuscire a vendermelo all’estero: bene, dimmi dove e a chi e a quanto.

-Quanto vorresti di provvigione? (E qui si ferma tutto in farraginose telefonate o spiegazioni, e in richieste di incontro, che ovviamente non concedo).

-Non sei tu che mi compri la merce, ma hai un compratore? Bene, fammi avere il pagamento prima e le istruzioni doganali e quant’altro. Poi, DOPO, lo spediamo… Aspetta e spera.

Poi vai a vedere i siti internet di questi soggetti o fai una ricerca approfondita su Google: siti inesistenti, o se va bene finti e pieni di foto e testi generici e in banalissimo aziendalese. Qualche volta ho provato anche ad andare più a fondo, senza troppa convizione, ma più che altro per spirito indagatorio e pura curiosità antropo-sociologica. Magari qualcuno è anche convinto… Ma anche quelli che sembravano più seri non arrivavano mai al dunque… “Ma sa, poi i costi… dipendono dalle attività promozionali che organizziamo a Hong Kong…” “Vede, noi investiamo nei suoi vini, abbiamo dei costi, e quindi ci sarebbe un piccolo anticipo”. E roba del genere. Uno mi ha mandato anche un contratto che sembrava quasi fatto bene. Peccato che dovevi ‘anticipare’ 1200 euro solo per le spese, 1200 euro che ti avrebbe però restituito con la prima vendita. Seeee, buona notte. Altra tipologia è quella della proposta di fiere o pseudofiere in paesi strani, di eventi o sagre in Italia dove devi dare il vino in conto vendita (ma anche enoteche o distribuzioni hanno il coraggio di chiederlo in conto vendita!) e poi pagare una pur piccola tariffa… Per tacere di quelli che vogliono buttarsi nella vendita on line, e ti subissano di telefonate. Che guarda caso, non arrivano mai dei veri siti importanti.

Insomma, ma cosa sono i produttori di vino, dei polli da spennare? La vulgata che sta passando adesso, che fare vino è figo e che il vino è l’unico settore dell’agricoltura che va bene e che fa guadagnare, ha le sue controindicazioni:  gli scocciatori aumentano.

Nella foto, applicazione a mano di etichette americane supplementari per una vera esportazione

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